Parte 2ª
GENS DE TADDEI
L’origine del cognome Taddei si
perde nella notte dei tempi. Le varianti sono molte: Taddei, de Taddei, Taddeo,
Tadei, Taddeus. Deriva dal nome Taddeo, latino Tahaddeus, soprannome dato a uno
degli apostoli e probabile adattamento del nome greco Theódoros, dono di Dio.
Il cognome Taddei è diffuso in tutto
il centro nord, Taddeo è tipico della zona che comprende il basso Abruzzo, la Toscana , il Molise e la Campania , con ceppi anche in Puglia, dovrebbero
tutti derivare dal nome medioevale Tadeus o Taddeus, di cui abbiamo un esempio
in un atto redatto in Pisa nel 1317: "Anno a nactivitate eiusdem millesimo
trecentesimo decimoseptimo, die undicesimo mensis aprilis, ... Ego Taddeus
Henrigi Ruggerii quondam filius, imperatoris dignitatis iudex ordinarius et
notarius, et nunc supradicte curie legis scriba publicus,...".
Tracce di queste estensioni del cognome le troviamo nel 1400 con Tadei de Tadeo
notaio dello Stato Veneto, a Gordona (SO) nella prima metà del 1600 con il podestà
Tadeo Thadei e nell’alto Trentino attorno al 1760-1800.
Il ramo di Cles proviene da Malè e
da Croviana. Storicamente il più noto nella zona è Taddeo de Mauris. Ma il
ceppo di Malè proviene a sua volta da Ala.
La famiglia Taddei, originaria di Firenze, arrivò ad Ala da Verona con l'appoggio dei Castelbarco alla fine del '300. Fu tra le prime a svolgere attività commerciali ed imprenditoriali, come la fabbricazione dei velluti a metà del '600. Fu un secolo dopo cheil fenomeno delle migrazioni dei ceppi ereditari, fino a quel momento di tipo stagionale, divenne permanente, per necessità di espansione delle varie attività.
Il nonno di Serafino, Bartholammeo
de Taddei, nasce a Croviana nel 1798.
Il primogenito è Bartolo Giuseppe Francesco (1819), dal matrimonio con
Margaretha Franchetti (1928), nascono due figli maschi: Luigi
Bartolo Giuseppe, n. 07.07.1844 - m. 20.09.1866, e Serafino Giuseppe, n.
06.02.1846 - m. 31.03.1902.
La discendenza è a questo punto
visibile nel quadro pubblicato nel post sulla ricostruzione genealogica.
Interessante il documento che fa
riferimento a una istanza territoriale:
La frazione di Carciato, di cui si
parla nel testo, appartiene al comune di Dimaro, poco sopra Malè, in
provincia di Trento.
Nel medioevo Cles era diviso
in tre vicus: Pezo o Pecio, Spinaceda e Prato, centri che
conservano tuttora la loro vecchia denominazione.
La comunità clesiana era però
più allargata e comprendeva anche Maiano, Dres e Caltron (Regola del 1454).
Il vicus di
Pez comprendeva le case che circondavano l'attuale piazzetta allargandosi
brevemente verso le Moje e lungo Via Romana fino all'attuale Casa Juffman. Via
Romana fu una mulattiera importantissima in quanto era la sola che congiungeva
le due sponde del Noce. Passava per Pez e proseguiva lungo la campagna uscendo
al bivio di Rallo e superato il Rio Bosco (Ribosch) scendeva verso il burrone,
sul quale era stato costruito in epoca romana il Ponte Alto
(pons altus).
Il vicus di
Spinaceda formava un quadrilatero incluso tra le attuali Via G.B.Lampi e Via
T.Claudio, delimitata lateralmente tra il Vicolo del Canalone e la piazzetta
di Spinazzeda.
L’Hotel Schwarzer Adler in effetti si affacciava sull’angolo tra le vie T. Claudio e G.B. Lampi. Davanti all’Hotel passava l'unica via che congiungeva la Traversara di Molveno e la Rocchetta con il Tonale e le Palade.
“Le comunicazioni difficili”
Non era cosa di tutti i giorni recarsi nella capitale del Principato: ma
prima o poi la fatica toccava a parecchia gente. Sempre ci dovevano andare i
regolani dei comuni, per avere dal nuovo Vescovo la riconferma delle loro Carte
di Regola; e spesso anche i rappresentanti dei paesi, che domandavano giustizia
presso la cancelleria principesca durante le eterne liti per il territorio
(penso alle beghe in bassa Val di Sole per il Monte Sadron, o alle diatribe fra
Romeno e Caldaro per i confini). Viaggio difficile e faticoso dato che con le
persone anche allora camminavano i carri e il bestiame. Le strade della rete
viaria romana erano ormai solo malagevoli carrarecce; la “via imperiale” della
Val di Sole di sontuoso aveva soltanto il nome. Pochi i ponti, e soggetti a
tassazione; i “pigagni” (passerelle in legno) erano provvisori e malsicuri. Non
mettiamo poi in conto gli animali selvatici, non rari e affamati, e qualche
bandito che fra il Tonale e la
Rocchetta riscuoteva a proprio favore i pedaggi.
La “Traversara” che
collegava Molveno con le Palade, correndo in destra Noce (da Cavedago per Cles
a Senale) consentiva anche ai solandri che erano passati sul Ponte Stori di
raggiungere la Val
d’Adige: il percorso scendeva da Fai in Val Manara; quindi, per la strada delle Finestrelle -
superata la fossa che drenava i laghi di Zambana - arrivava al torrente Vela ed
infine al ponte fra S. Lorenzo e Torre Vanga a Trento. Gli abitanti in sinistra
Noce confluivano al Ponte Alpino della Rocchetta: ma dopo Mezzolombardo si
presentava il maggior ostacolo, l’Adige, che presso S. Michele riceveva
l’apporto tumultuoso del Noce. Qui non esistevano ponti: era necessario
servirsi del traghetto della Nave, in funzione almeno dal 1185. Giungevano a
questo passaggio anche le decime raccolte in Val di Sole e in Anaunia dai
canonici del duomo di Trento dai primi anni del 1200. Il transito su due
barconi affiancati (lunghi complessivamente dieci metri e larghi quasi quattro)
era guidato da un traghettatore (nel 1500 era un Siglhofer, nel 1730 un
Banalet, per conto degli Spaur): costui, manovrando un grande remo, faceva
correre sul “reghen” (la corda che attraversava l’Adige) una carrucola legata
alla zattera con un cavo, fino al pontile opposto. Così viandanti e merci
sbarcavano verso la strada che portava a Trento, e viceversa.
L’operazione, delicata,
non era rischiosa: in compenso costava abbastanza ai nostri antenati
perennemente in deficit di moneta sonante. Fino al 1588 una persona pagava 1
quattrino; un carro carico con i buoi 4 carantani; per traghettare cento pecore
si pagavano 3 carantani, ed 1 carantano per una soma di ferro. Nei “Privilegi”
per le due valli del Noce (redazione del 1752) si legge: “Tariffa del Porto
della Nave da essere osservata da Portinari ivi, e non più oltre aggravati li
Passaggieri, che... pagheranno come siegue: Per cadauna persona a piedi
quattrini 3 - Bovi disgionti, vacche, e manzolami essendo i loro conduttori
esenti per ogni capo Carantani 1 - Un carro con bovi, e boaro carico Car. 6 -
Una carretta con li cavalli, e carrettieri carica in tutto Car. 10 - Intendendo
il tutto moneta Tedesca. Avvertendo che non sijno tenuti li Passaggieri pagare
di più, se bene tal volta l’Adice facesse più rami, e convenisse adoprar più
d’una nave... Fù così conchiuso in Trento li 21 Giugno 16 29”.
Il vicus di
Prato attorno alla odierna Piazza Granda completava la civitas clesiana;
prossimo a Spinaceda era però separato da orti e campagna. Comunicava con più
difficoltà con Pez perché l'odierno Corso Dante era pascolo e impluvio di acque
che si riversavano nella vasta palude formando un autentico lago poco profondo,
che arrivava fino al Doss di Nancon, e poi un altro più grande, che giungeva
fino al dosso di Tallao in prossimità di Tuenno.
Accanto ai tre vicus medioevali
vi erano inoltre quattro rioni, al tempo non considerati vicus sia
per la distanza dalla borgata sia per l'esiguità dei nuclei.
EREDITA'
Per tradizione la proprietà passò al primogenito Luigi Bartolo. Serafino - per sua scelta - venne indirizzato agli studi legali. Malauguratamente Luigi Bartolo morì improvvisamente a 22 anni e, giocoforza, di diritto tutte le proprietà, nell'autunno del 1868, passarono a Serafino che, suo malgrado, dovette abbandonare gli studi intrapresi e dedicarsi anima e corpo alla conduzione dell'Hotel.
Per tradizione la proprietà passò al primogenito Luigi Bartolo. Serafino - per sua scelta - venne indirizzato agli studi legali. Malauguratamente Luigi Bartolo morì improvvisamente a 22 anni e, giocoforza, di diritto tutte le proprietà, nell'autunno del 1868, passarono a Serafino che, suo malgrado, dovette abbandonare gli studi intrapresi e dedicarsi anima e corpo alla conduzione dell'Hotel.
LE NOZZE
DE TADDEI - LARDSCHNEIDER
Serafino Giuseppe è scapolo e si rende conto che senza aiuti non è in grado di amministrare le proprietà e tanto meno di condurre l'Hotel Aquila Nera. Ha assoluto bisogno di una moglie, con
esperienza nella gestione alberghiera, che lo possa aiutare.
Alcuni amici lo
consigliano di volgere le sue attenzioni e ricerche matrimoniali in Val Gardena, e più propriamente alla Famiglia
Lardschneider che a Ortisei da generazioni gestisce il Post Cavallino Bianco, conosciuta per le solide tradizioni e la provata
competenza. Il proprietario Peter "Pierota" Lardschneider ha cinque figlie in età di matrimonio.
A Bolzano, nel 1872 durante la
fiera-mercato d'autunno a Bolzano, Serafino conosce Joseph (Pepi) Lardschneider.
Parlano del possibile matrimonio,
Serafino apprende che tre delle sorelle sono già promesse (a Schmieder, Desaler
e Gutweniger). Rimangono Karolina, la primogenita, e un'altra, che però ha
un'infatuazione per un certo Franz Schmalzl, che poi sposerà.
Serafino si reca a Ortisei nella primavera del 1873, dove conosce la famiglia Lardschneider.
Karolina gli fa un'ottima impressione. Mentre lui ne è affascinato, non si può dire la stessa cosa di lei, che, informata di quanto viene concordato, non ne vuol sapere. Ma per tradizione la decisione spetta agli uomini di casa, e le nozze vengono fissate per la primavera del 1875.
Il 7 aprile, con le nevi ancora a farla da padrone, Serafino e Karolina si uniscono in matrimonio, nella Parrocchiale di S. Andrea a Chiusa.
Due giorni dopo la novella coppia
parte alla volta di Cles, il pianto ancora negli occhi della giovane moglie.
Karolina se ne fa una ragione, e col
tempo cresce l’affetto per Serafino.
Dall'unione nascono cinque figli,
nell'ordine Emmanuele Pietro Francesco, il primogenito, Edoardo Pio Maria, Irma
Maria Margaretha (mia nonna), Carolina "Lina" Maria Olga e Alma Clara Maria.
Come si svilupperanno i cinque rami
della famiglia, può essere letto nei quadri dell'albero genealogico pubblicati nel post "Le mie ricerche".
La famiglia di Joseph Gregor (Pepi) Lardschneider, e del padre Gregor, gestì dal 1870 l'Hotel Post Weisses Rössl di Ortisei.
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